8 settembre 1943 Giorno consacrato alla Madonna. Preghiere e canti vengono innalzati alla Regina della pace.
Nell'imminenza della prima sera le donne escono dalla chiesa, gridando al miracolo: Regina pacis! Durante le preghiere il parroco, Don Leonardo, ha dato la notizia dell'armistizio. - Pace! -
La gente invade le strade, si abbraccia, suonano le campane a festa, i carabinieri si abbandonano al tripudio. "Tradimento!"
Gridano i tedeschi. Nella notte inoltrata, all'alba, per tutto il giorno 9 e per il giorno 10, assalgono le caserme, seminano ovunque confusione, scompiglio, morte.
L'esercito non si ribella. I più consegnano le armi ai tedeschi e si danno alla fuga. E per passare inosservati barattano
le divise con abiti civili. Ma la guerra continua.
E i soldati che alla ribellione armata hanno scelto il ritorno a casa, sono considerati disertori.
Il popolo spera in un'avanzata sollecita degli anglo-americani, che hanno passato lo stretto di Messina.
Fuggono i "disertori".
Tornano ciascuno a casa propria, in mezzo a una ridda di congetture e supposizioni assurde.
Ma nessuno ha idee chiare sul da farsi.
I soldati non fuggiti vengono trascinati dai tedeschi nei campi di concentramento.
- Credevamo di dover esultare per la pace, invece ci malmenavano, imprigionavano, deportavano.
I fuggiaschi si confondono con la folla bruta nelle ruberie, nelle spoliazioni, senza pietà.
Giorni tremendi per le città deserte e per le campagne: si arrestano gli uomini per la strada, e si inquadrano per un lavoro di distruzione.
Si mettono le mine sui ponti, si spezzano le banchine, si requisiscono cavalli e automezzi.
I fuggiaschi si danno alla macchia.
In pochi danno origine alla resistenza organizzata.
Quelli che prendono la via del ritorno evitano le strade frequentate dai tedeschi e dai fascisti.
Affidandosi alla memoria, si avventurano per mulattiere e tratturi … vanno incontro a infinite peripezie …
dall'alba al tramonto per giorni di seguito vanno …
neri, come di fumo, sporchi, stracciati, alcuni scalzi, altri, molti, con fasciature ai piedi …
sfiniti nel volto, ma accesi di sangue alle labbra …
E noi che cercavamo imprimerli nella memoria, perché certi che aspetti simili non sarebbe stato possibile rivedere più.
E in questo loro andare si dissetano alle sorgenti incontrate.
Per sfamarsi bussano alla porta dei casolari ai margini del percorso.
Per dormire: i fienili abbandonati.
E con loro senti agonizzare l'Italia.
Cento, mille, diecimila e chi riesce a contarli.
All'alba ci sono quelli che vanno lentamente verso Centocelle: verso il nord. E quelli che scendono verso Casacalenda … diretti alla Puglia.
Li vediamo in tutti i momenti del giorno: a mezzogiorno, al tramonto …
Il cielo impallidisce, si accende di fuochi esili e tremuli come i canti degli usignoli nel bosco.
E quella fila sterminata di sagome nere avanza e scende silenziosa.
Giovani.
La cui gioventù è rimasta impigliata nei rami dei boschi traversati.
Anime morte, fra volpi in agguato, tra i canti della civetta e del cuculo, e spaventano le lepri e i conigli selvatici in eterna corsa.
Ma uomini. Per i tedeschi: "cani rognosi".
Per noi tanti Cristi martoriati.
Braccati dalle minacce tedesche; dalla viltà delle spie fasciste.
I contadini ripesi guardano con sdegno e insieme con pietà quest'esercito di vinti.
Però nessun soffio di patriottismo sfiora il loro petto.
Le cose intorno sembra che piangano: "Sunt lacrimae rerum …".
La pace, il ritorno: mormorio di preghiera, singhiozzo di madri, promessa che sembra un'eco sempre lontana.
- Andiamo verso casa.
Con questa lenta agonia.
Tanti si sono lasciati falciare dalla morte.
E noi ascoltiamo.
Nessuno pone domande.
E' tragedia solo guardarli.
Amavamo i "disertori". Disprezzavamo Badoglio, il governo e il re. Volevamo la pace. I figli a casa.
Il maresciallo del tempo spronava i contadini ad essere generosi.
- Non sono delinquenti - neppure banditi.
Sono figli di mamma -.
E don Peppe Barbieri: - Loro? Poveri Cristi.
Durante la guerra con i piedi nel fango ora come Cristo lungo il Calvario.
Altri dovrebbero essere al loro posto.
E don Michele:- Al fronte delle pallottole e dell'arma bianca si è sostituito quello della fame, della paura e dell'umiliazione. - E dalla sua casa partivano bisacce di pane per chi aveva fame e per pudore non tendeva la mano.
Nel paese circolava, questa strofetta:
- "Av'z't', c'mar' Merì! Kiud' è f'neshtr' È f'neshtr' d' deshtr' è d' s'nishtr' Pa tèrr' n'nz' ball' … N' sient' L'u(e)sèll', Giacu(e)ndin', R's'nell' kindè kiègn'n''? „
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Alzati, commara Maria! Chiudi le finestre. Le finestre di destra e di sinistra Per il paese non si balla... Non senti Luigella, Giocondina, Rosinella come piangono?
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- La famiglia Barbieri …la fidanzata Annina? (Bruno, la sera prima di partire per la guerra portò la serenata alla fidanzata Annina. Si promisero eterno amore... non tornò più!)
- … Le nostre navi solcavano il mare l'una accanto all'altra quando la sua, colpita in pieno, è colata a picco in un attimo.
E lui, Bruno, morto con tutti gli altri. Nessuno si è salvato. Prima di lasciare il porto giurarci reciprocamente: Chi dei due si salva, porterà ai genitori dell'altro, l'estremo saluto.
"Digli di non pensare a me. E ad Annina che muoio con la sua foto sul cuore".
E i tre stringersi forte l'uno agli altri e non sapere che dirsi.
Testo: Giuseppantonio Cristofaro
Digitazione testi: MariaLucia Carlone & Vittorio Sauro
Programmazione HTML: Walter La Marca
Fotografie: Walter La Marca