Fino a trenta anni fa a Ripabottoni ogni attività era collegata all'occupazione principale: il lavoro della terra, la raccolta dei suoi frutti e la loro lavorazione.
In una grande stanza sono raccolti tanti arnesi che i nostri nonni utilizzavano per il loro lavoro. Essi oggi hanno valore storico e culturale ma, per chi li ha usati, più grande è il valore affettivo e il ricordo della loro indiscutibile utilità. Andiamo a cercare, tra gli altri, alcuni degli utensili adoperati per la coltivazione della vigna. E' da notare che essi sono molto semplici e, quasi tutti, costruiti artigianalmente con materiali naturali. |
Due arnesi dalla forma semplicissima: "i f'rcin pì barbetèll". Esse si adoperavano a primavera per impiantare una nuova vigna o per ringiovanire quella esistente. A sinistra, si vede quella in legno che serviva per praticare fori nel terreno di circa 40/60 cm. A destra vi è una uguale, ma in ferro che ha alla punta una specie di forcina. Ad essa venivano fissate le piantine di vite "i barbetèll" e poi inserite nel foro preparato in precedenza. |
Due piccoli utensili che, a primavera o in estate, gli abili contadini usavano per fare diversi tipi di innesti. |
"A pomp" è un contenitore che, messo in spalla come uno zaino, era usato per irrorare i pampini di solfato di rame sciolto in acqua. Ha una leva per pompare e un tubo direzionato a mano da cui fuoriesce il liquido azzurro. |
Questo simpatico arnese, anch'esso tinteggiato di azzurro è un soffietto: "u mand'cett". Con esso si soffiava lo zolfo sui grappoli d'uva. |
Per questo lavoro che sicuramente era il più piacevole, si adoperavano ceste fatte di
canne o rami di salici "i seveche" (tra i contenitori "a césht " è la prima a sinistra).
Per trasportare l'uva alla cantina si usavano contenitori di legno "i t'nêcche",
adatti ad essere caricati alla "vard", la sella degli animali da soma.