RipAmici 2000

ovvero gli Amici di Ripabottoni

Rassegna stampa della manifestazione del 7 gennaio 2001 nell'anniversario della nascita di Arturo Giovannitti.


NUOVO oggi MOLISE
Mercoledì 3 Gennaio 2001
Pagina 16

A quarantun anni dalla morte, RipAmici 2000 ricorda i meriti dell'illustre "Poeta del Lavoro e della Libertà".

Arturo Giovannitti e il silenzio di Ripabottoni

Il 31 Dicembre 1959 moriva in New York Arturo Giovannitti, Poeta del Lavoro e della Libertà.
Nato a Ripabottoni il 7 gennaio 1884, da una famiglia benestante (il padre era farmacista), fu educato ai valori della libertà, del rispetto dei più poveri, della difesa dei deboli.
In un giorno non ben conosciuto, agli inizi del secolo, tra il 1900 e il 1902, Arturo fu mandato, dal Padre Domenico, in America presso la famiglia Cristofaro originaria di Ripabottoni.
Il figlioccio, Guerrino Cristofaro, racconta, senza indugio e dubbio, che il viaggio fu deciso per allontanare il giovane dalle manifestazioni e dalle agitazioni che impregnavano il tessuto sociale italiano dei primi del secolo. “Per allontanarlo dalla polizia che iniziava a cercarlo”.
In America, concluse gli studi, grazie ai paesani, prima in Montreal e poi in New York.

Subito si distinse nelle lotte operaie dell’inizio del secolo e qui, nel 1912, visse il periodo più eclatante e nobile della sua esistenza.
Durante una manifestazione operaia, fu uccisa Anna Lo Pezzi e ne furono incolpati i capi sindacalisti: Arturo Giovannitti e Giuseppe Ettor, quali mandanti, e un certo Caruso, quale esecutore.
Arturo Giovannitti fu incarcerato, processato. L’opinione pubblica era certa della loro innocenza e in loro nome si crearono movimenti e associazioni spontanee in tutto il mondo e in particolare in Italia. Tutti i sindacalisti dell’epoca, finanche l’emergente Mussolini, parlarono, manifestarono, in loro difesa.
Ma affidiamoci alle sue parole, usate nell’arringa finale innanzi alla giuria che doveva decidere se condannarlo o meno alla sedia elettrica, per descrivere chi era Giovannitti e qual’era il suo credo:
“Io, uomo del Meridione d'Italia, di quegli uomini che dovrebbero occuparsi soltanto degli affari propri…
…da bambino, sulle ginocchia di mia madre e di mio padre ho imparato a rivivere con le lacrime agli occhi il nome sacro di Repubblica. E sono venuto in questo Paese (USA) pensando che avrei messo piede su una terra davvero migliore e più libera della mia. Non è stata precisamente la fame a spingermi lontano da casa. Mio padre aveva messo da parte abbastanza danaro e possedeva sufficienti energie per dare un'adeguata educazione ai miei fratelli. Avrebbe potuto farlo anche per me, e oggi sarei un apprezzato professionista, laggiù. Ma desideravo conoscere il mondo; e venni qui (in America) a tale scopo”.

Parlando di Ettor e di se stesso, affermò: “…noi siamo fanatici. Ebbene noi siamo fanatici. E prima di noi fu fanatico Socrate, il quale alla filosofia degli aristocratici ateniesi preferì la pozione di cicuta. Ugualmente fanatico fu il Salvatore Gesù Cristo, il quale, piuttosto che sottomettersi a Pilato o riconoscere l'autorità di Tiberio quale imperatore di Roma, piuttosto che sottomettersi ai potenti del clero dell'epoca, accettò di venir crocifisso in mezzo a due ladri”.

E concluse dicendo: “ Noi siamo giovani; io non ho ancora compiuto 29 anni: li compirò tra due mesi. Ho una donna che mi ama e che amo. Ho una madre e un padre in apprensione per me. Ho un ideale che mi è più caro di quanto si possa esprimere o comprendere. E la vita ha tante attrattive ed è così bella e raggiante e piena di fascino, che la passione di vivere mi colma il cuore. Desidero vivere. Lungi da me atteggiarmi a eroe davanti a voi, tanto meno a martire. No. La vita mi è più cara di quanto, forse, lo sia a molti altri. Ma non esito ad attestare che esiste qualcosa di più caro e nobile e santo e sublime, qualcosa che non sarò mai in grado di esprimere: si tratta della mia coscienza, della lealtà verso i miei simili, e verso i compagni che son venuti in quest'aula, verso la classe operaia del mondo intero, che ha reso possibile la mia difesa contribuendo penny su penny, e che in tutto il mondo si è preoccupata che non subissi ingiustizia e non si facesse del male.
Perciò vi prego: esaminate bene i due aspetti, prima di giudicare. E se il vostro verdetto, signori giurati, sarà tale da aprirci le porte del carcere, permettendoci di uscire per tornare alla luce del sole, allora lasciate che vi anticipi quel che faremo. Permettetemi di dirvi che il primo sciopero che si organizzerà in questo Stato (Massachussetts) o in qualsiasi altro d'America dove l'opera, il sostegno, la mente di Joseph Ettor e di Arturo Giovannitti saranno richiesti e necessari, noi vi andremo, incuranti di minacce e paure. Anonimi, modesti, misconosciuti, incompresi, torneremo alla nostra umile azione, soldati del grande esercito della classe lavoratrice che, al di là delle ombre e del buio del passato, lotta per l'emancipazione del genere umano, per l'instaurazione dell'amore, della fratellanza, della giustizia per ogni uomo e ogni donna sulla terra”.

Tali ideali segnarono l’intero arco della sua esistenza sino a quel Giovedì mattina del 31 Dicembre 1959, quando nel suo letto di dolore, dove giaceva da parecchi anni, il nostro illustre concittadino terminò la sua esistenza terrena.

Cosa resta a Ripabottoni della sua esistenza? Nel silenzio che avvolge Ripabottoni e i suoi figli, solo una voce: la voce virtuale di RipAmici 2000. Dai meandri della rete: Arturo Giovannitti, poeta nostro, poeta della libertà e della giustizia universali, per il tuo cuore ormai fermo, per il tuo cervello ormai spento, sempre parlerà e canterà quanto di bello hai tu creato – fedele al tuo motto: “Usque ad Finem”. Per chi ne volesse saperne di più: http://www.ripamici.it il sito web degli Amici di Ripabottoni.

Articolo non firmato


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