Sul mio sentiero è disceso
il gelo - è discesa la neve
e sul mio volto è passato
l'alito freddo del vento
che viene dal buio eterno.
Ed ecco, io penso sgomento
ad un più squallido inverno
che gelerà l'alma mia
e imbiancherà le mie chiome
senza ch'io scriva il mio nome
e, folle, per quegli ho gridato
che non avevano pane
e non avevano voce
un urlo tremendo di belva
nel canto mio ebbro e robusto.
Or tu che hai sofferto e penato,
tu che mi sai, Madre mia,
dimmelo tu s'egli è giusto
e se il mio sogno è follia.
E s'egli è giusto ch'io passi
pel fuoco, s'è giusto ch'io salga
per roccie scoscese, per massi
per forre, per rupi ed assalga
col sole negli occhi la cima,
Tu seguimi e sii Tu la prima
a mirar l'alba novella.
Tu buona, Tu pura, Tu bella
pel sacro tuo compito umano
compiuto con gloria d'amore -
baciami in fronte, dammi la mano
e seguimi, in alto - lontano,
Madre in fatiche e dolore
e ne la rivolta sorella.
Tu vieni ove insieme ci appella
la terra dei liberi e ci offre
il combattuto ricetto:
Tu sei la mia Madre che soffre
al figlio tuo triste il timore
d'un più nebbioso domane
e la segreta amarezza -
e di che pia tenerezza
condivi serena, paziente
il duro prezzo di pane
che per mé solo bastava
quando ridente
mentre il tuo core scoppiava,
la parte tua di soppiatto,
la parte del pasto modesto
versavi giù nel mio piatto.
Oh quante volte eran rosse
le tue pupille assuefatte
a l'arida veglia, di pianto
affin che al mattino mi fosse
pronta la tazza del latte
e apparecchiate le vesti -
oh quante volte tacesti
ed io il tuo figlio selvaggio
che lotta ed è forte ed audace.
E insieme saliremo a la pace
di ripide balze montane
ove il tuo trono t'aspetta,
e passerem per le frane,
per la valanga che atterra
e per la furia del nembo,
e per condurti a la vetta
renderò lembo per lembo
questa tua carne a la terra.