R i p A m i c i







L'uccisione di Tito Barbieri

22 Agosto 1821

L'interrogatorio di alcuni congiurati

(Diodato Sauro e Nicola Maria Frenza)


L’anno mille ottocento ventidue, il giorno quindici Febbraio. In Campobasso.

La gran Corte Criminale della provincia di Molise composta dal Signor Presidente D. Pietrantonio Marsico, e da’ Giudici D. Giovanni Ferrante, D. Gaetano Maria Bracale, D. Gennaro Minervini, e D. Giannantonio Freda, assistita dal Cancelliere Sostituto D. Cesare Iafanti.

Veduti gli atti a carico de’ detenuti Diodato Sauro, Nicola Maria Frenza, ed altri individui di Ripabottoni, incolpati di omicidi con premeditazione nelle persone de’ loro compaesani Giuseppe Ramaglia, D. Tito Barbieri, e Domenicantonio Di Cristofaro.

Veduta la requisitoria del Pubblico Ministero, concepita ne’ presenti termini = Addì 11 Febbraio 1822 = Il Regio Procuratore Generale = Visti gli atti a carico de’ detenuti Diodato Sauro, e Nicola Frenza di Ripabottoni, prevenuti con molti altri di omicidi con premeditazione nelle persone de’ loro compaesani Giuseppe Ramaglia, D. Tito Barbieri, e Domenicantonio di Cristofaro = Richiede = Che i mandati di deposito spediti contro i detti Sauro, e Frezza si converterà in legale mandato di arresto = C. Scariglia.

Sul rapporto del Signor Presidente.

Atteso che gli atti compilati offrono sufficienti argomenti di reato a carico de’ sudetti detenuti Sauro, e Frenza.

Veduto l’articolo 114 delle Leggi di procedura ne’ giudizi penali

Alla unanimità dichiara

I sudetti Diodato Sauro, e Nicolamaria Frenza in istato legittimo di arresto.

 

Certifico io qui sottoscritto Cancelliere Sostituto presso la gran Corte Criminale della provincia di Molise qualmente questa mattina nella camera del Consiglio, presenti li Signori D. Pietrantonio Marsico Presidente, Minervini, e D. Giannantonio Freda Giudici, coll’intervento del Regio Proccurator Generale Signor Cavaliere D. Celestino Scariglia, e mia assistenza, è stato introdotto.

Diodato Sauro, il quale domandato, ha detto di esser figlio di Costanzo, ed Antonia di Ioia, di anni cinquanta circa, contadino, domiciliato in Ripabottoni sua patria.

Pria di ogni altro è stato avvertito di rispondere con verità alle interrogazioni, per trovarsi già presa la instruzione del processo a suo carico, e richiesto a spiegare il motivo, per lo quale si trova sottoposto a giudizio, ha risposto d’ignorarlo. Segli? È fatto conoscere, che viene incolpato di omicidi nelle persone di D. Tito Barbieri, Giuseppe Ramaglia, e Domenicantonio di Cristofaro suoi paesani, riportandosi al suo interrogatorio consegnato al foglio dicissette a venti-cinque del volume secondo, ha variato nelle seguenti circostanze esso? Diodato Sauro.

1.      Ha negato interamente il contenuto nella prima, e seconda parte del sudetto suo interrogatorio.

2.      Ha convenuto su quanto si contiene nella terza parte, variando?, cioè che Giuseppe Ciarla: Giuseppe di Cristofaro  allorché si portarono in sua casa non entrarono al di dentro lo chiamarono innanzi della stessa: che esso dichiarante erasi coricato, e per detto di sua moglie, che si affacciò, seppe il motivo della chiamata: che Giuseppe di Cristofaro Renzone Allorché si recò la seconda volta a chiamarlo, disse che eravi andato per ordine del Sindaco, e del capoposta Domenicantonio di  Cristofaro, e non già di Damaso di Iulio: che egli non uscì in compagnia di Giuseppe di Cristofaro Renzone , perché costui partì prima, e lo assicurò, che lo aspettava vicino alla casa di Leonardo di Cristofaro: che detto di Cristofaro Renzone lo rinvenne sotto la casa del detto Leonardo, ove vi erano pure Domanicantonio di Cristofaro, e gli altri individui indicati nel suo interrogatorio tutti armati di schioppi: che sull’arresto di Francesco Ramaglia fu stabilito di andarsi a prendere le opportune disposizioni dal comandante Domenicantonio Iaricci, e non già da D. Cipriano di Iulio.

3.      Sulla quarta parte del suo interrogatorio, ha variato, che le persone trovate sotto la casa di Leonardo di Cristofaro non parlavano in segreto, ma discorrevano confidenzialmente fra di loro: che ad esso non gli fu ordinato di impostarsi nella strada nella strada della fontana, ma gli fu soltanto imposto di girare per l’abitato: che egli non sapeva l’oggetto di questa operazione: che Beniamino Boccaccio, ed i fratelli Mancini non gli dissero, che egli dovea arrestare qualunque persona che passava: che egli con Dionisio Coccitto non fece alcun discorso sul luogo, ove trovavasi Giuseppe Ramaglia: che girando per l’abitato si erano recati alla fontana per bere e mentre si erano per poco seduti vicino alla medesima, intese i colpi d’arma da fuoco che non è vero, che Nicolamaria Frenza disse con impeto a D. Giovannicola Mancini = Che hai fatto, cè simmo ruinati innocentemente =; ma che esso Frenza nell’aver esso dichiarante domandato, che cosa era, gli rispose = cè simmo ruinati innocentemente =: e che, allora D. Giovannicola Mancini disse = Statevi zitti=: che egli non vidde scendere? dall’olmo una persona armata che fuggiva; = ciò che ha dichiarato per questa parte nel suo interrogatorio, lo seppe da tutti gl’individui rinvenuti sotto il supportico.

4.      Sulla quinta parte del suo interrogatorio, ha negato, che Nicolamaria Frenza gli confidò, che tutte? le porte della piazza aveano fatto fuoco, e lì avean veduto tirare due colpi da dietro la casa della Corte, ed un altro colpo da Remigio Gildone. Sta confermato però, che Frenza gli disse, che D. Giovannicola Mancini avea tirato un colpo molto da vicino ad una persona che non conobbe.

5.      Sta confermato interamente il contenuto nella sesta parte del suo interrogatorio.

6.      Sta negato interamente il contenuto nella settima parte del suo interrogatorio dicendo di nulla sapere di quanto in essa si rileva.

7.      Sta negato interamente il contenuto il contenuto nell’ottava parte del suo interrogatorio. Sta solamente convenuto di essersi la sera de’28 Agosto 1821 recato in casa del Signor D. Damaso di Iulio coll’altri individui indicati nel suo interrogatorio, a sol fine di chiedergli un consiglio del come dovea regolarsi, poiché essendo stato egli nella sera dell’avvenimento di guardia, temea che gli potesse accadere qualche danno: che D. Damaso gli rispose che qualora egli non avea vibrato i colpi alle persone trovate estinte, non avesse dubitato? Di nulla: che esso D. Damaso continuando il discorso disse, che si vociferava ancora di avere esso incaricato delle persone, e fatto uccidere Ramaglia, e Barbieri e quindi voltandosi verso le persone, che erano in sua casa si espresse = E’ stato qualcheduno di voi in mia casa, a cui io avessi ordinato qualche cosa sull’oggetto? = Tutti gli astanti risposero negativamente.

8.      Sulla nona parte del suo interrogatorio, ha dichiarato solo, che essendo stati interrogati da D. Damaso di Iulio da chi aveano ricevuto le armi, le persone che erano in sua casa risposero, che ognuno avea il proprio fucile.

9.      Sta negato interamente il contenuto nella decima parte del suo interrogatorio.

10.  Sta negato intieramente quanto si contiene in tutte le risposte date al Giudice di Larino nelle successive domande fattegli, come si ravvisa dal cennato suo interrogatorio al foglio ventidue a terzo a venticinque del detto volume secondo, facendo conoscere di non aver egli mai dichiarato in tal modo, ma che il Giudice sudetto ha scritto cose non vere, e ciò per opra di D. domenico Schiavoni, D. Pietro Schiavoni, e D. Domenico Magliano, e che la verità è quella presentemente dichiarata.

??? ulteriori avvenimenti, è rimasto fermo ne’ medesimi detti, e non sapendo scrivere, ha crocesegnato il presente atto, ed è stato rimandato nel carcere.

Affinché di tutto costi, ne ho redatto il presente.

Mastico                                   Campobasso 16 Febbraio 1822

Ferrante                                  Cesare Iafanti Cancelliere Sostituto

Certifico io qui sottoscritto Cancelliere Sostituto presso la gran Corte Criminale della provincia di Molise, qualmente questa mattina nella Camera del Consiglio presenti li Signori D. Pietrantonio Marsico Presidente, D. Giovanni Ferrante, D. Gaetano Maria Bracale, D. Gennaro Minervini, e D. Giannantonio Freda,Giudici, coll’intervento del Regio Procurator Generale Signor Cavaliere D. Celestino Scariglia, e mia assistenza, è stato introdotto

Nicola Maria Frenza il quale domandato, ha detto di esser figlio del ??? Domenico, e di Giovanna D’addario, di anni quaranta circa, contadino, domiciliato in Ripabottoni sua patria.

Pria di ogni altro è stato avvertito di rispondere con verità alle interrogazioni, per trovarsi già presa la instruzione del processo a suo carico. Quindi richiesto a spiegare la causa del suo arresto, ha risposto d’ignorarla. Manifestatogli che viene incolpato di omicidi nelle persone di D. Tito Barbieri, Giuseppe Ramaglia, e Domenicantonio di Cristofaro suoi paesani ha risposto nel seguente modo.

Signori, di tali omicidi io ne sono innocente, e vado a dire ciò che so su questo avvenimento. A circa le ore due della notte de’ venticinque di Agosto ultimo, nel momento che m’ero posto a dormire, perché venuto stanco dalla fiera di Morrone, venne in mia casa Natale Campolieto a chiamarmi, dicendo che fossi uscito armato, giacché ero desiderato dal capoposto Domenicantonio di Cristofaro. Io m’alzai, ed armatomi, mi portai nel luogo detto Pinciaro, che è sito tra la casa di Leonardo di Cristofaro, ed i pignatari, ove il Natale Campolieto m’avea ordinato di condurmi. Trovai colà armati D. Giovannicola,e  D. Muzio Mancini, Domenicantonio di Cristofaro detto Corsone?, Beniamino Boccaccio, Remigio Gildone, Giuseppe Ciarla la Polipà?, e Giuseppe di Cristofaro detto Renzone. Vi erano egualmente Marco di Iulio, Giacomo di Iulio, ma inermi. Il capoposta Domenicantonio di Cristofaro ci disse, che dovevamo dividerci e percorrere diverse strade del paese per andare pattugliando. Io, Giovannicola Mancini, Remigio Gildone, Giacomo, e Marco di Iulio, nonché Diodato Sauro, Dionisio Coccitto prendemmo la strada della fontana, e gli altri presero la direzione della rua, tra la casa dell’Arciprete, e di D. Damaso di Iulio. Sauro, e Coccitto si rimessero? Nella fontana, dicendo di voler bere, per indi riaggiungerci, e noi altri dopo aver percorso altro tratto di strada al di sotto della fontana, siamo retroceduti, prendendo la strada dell’olmo, e ciò per ordine dell’anzidetto D. Giovannicola Mancini. Giunti in vicinanza dell’olmo, s’intesero due, o tre colpi verso la direzione della piazza, ed allora fu che ci raggiunsero Diodato Sauro, e Dionisio Coccitto. Quindi D. Giovannicola Mancini si situò dietro l’olmo, e Remigio Gildone si assise dietro la porta della cantina di Nicola Schiavone. Io, e Marco di Iulio, e Giacomo di Iulio, Sauro, e Coccitto ci situammo sotto al supportico di Gennaro Paduani. In seguito s’intesero per la stessa direzione della piazza altri colpi, dopo di che io m’affacciai dietro al caposcale di Giovanni Cappuccillo, e viddi sparare da dietro l’olmo da una persona, senza aver distinto a chi il colpo fu diretto. Siccome però io avea veduto che dietro l’olmo si era situato D. Giovannicola Mancini, così? Argomentai, che il medesimo avea sparato. Difatti mi conferma? In tal mio giudizio, perché poco dopo esso Mancini dalla direzione dell’olmo si recò da noi, venendo per istrada arrecando? Il suo schioppo. Allora io domandai al Mancini che dinotavano que’ colpi vibrati, ed egli mi rispose colle seguenti espressioni = Non è niente, statevi zitti, che questi non sono guai vostri = Io zittii infatti, né già? domandargli altro, giacché concepii del timore. Quindi detto Mancini disse volersi portare nella sua vicina vigna, che tiene poco distante dal paese e par? prendendo la direzione che porta nella vigna istessa. Io, Diodato Sauro, Remigio Gildone, Marco, e Giacomo di Iulio, e Dionisio Coccitto ci portammo in seguito nel luogo detto il cancello un tiro di fucile distante dal sudetto supportico, ove ci trattennimo per circa due ore ad ascoltare se sentivasi ulteriore bisbiglio pel paese, e non avendo udito altro, ci ritirammo nelle proprie abitazioni.

Il mattino appresso uscito in piazza intesi pubblicamente raccontare, che erano stati uccisi D. Domenico Tito Barbieri, Giuseppe Ramaglia, e Domenicantonio di Cristofaro, e che era stato ferito Giuseppe di Cristofaro mio cognato, senza che però si fosse interloquito sugli autori di tali misfatti. Io stimai portarmi a far visita al sudetto cognato di Cristofaro, come prat?. Lo rinvenni a letto, e gli domandai perché, e come era stato ferito, chiedendogli a narrarmi quanto che accaduto nella precedente notte, che avesse potuto da lui sapersi. Egli mi rispose, che mentre con Domenicantonio di Cristofaro andava pattugliando per la strada della piazza si era imbattuto con sette persone armate tre delle quali conobbe, che erano Giuseppe Ramaglia D. Tito Barbieri e Papiniano Ciarla: che Domenicantonio di Cristofaro gli diresse la voce = chi viva?, e Giuseppe Ramaglia rispose = Amici = che detto di Cristofaro replicò, che essi dovevano essere arrestati, perché andavano armati, giacché erano questi gli ordini, che esso avea, ed allora Giuseppe Ramaglia rispose che esso non era persona da essere arrestata dal di Cristofaro e quindi gli puntò contro il fucile di cui armava ed il Domenicantonio di Cristofaro immentinete sparò il suo schioppo contro Ramaglia: che allora esso Giuseppe di Cristofaro si diede in fuga verso il Capo della piazza, e nel passare che fece avanti la chiesa, ricevé d’appresso due intre? Colpi di fucilate, dalle quali ne rimase ferito nelle gambe. In seguito di che si ricoverò nella casa di Domenico Ricciuti. D’onde il mattino appresso fu portato nella propria abitazione. In fine mi disse, che avessi preso il suo fucile dalla casa del detto Ricciuti, e portato al Comandante della guardia, Domenicantonio Iaricci, come feci.

Dopo due giorni dell’avvenimento io, e Diodato Sauro in una sera ci portammo in casa di D. Damaso di Iulio, per prendere da lui un consiglio su quanto ci era avvenuto nella cennata notte. Trovammo colà il Sindaco Onofrio Sauro e Giuseppe Cristofaro. Palesammo a D. Damaso il timore in cui eravamo, giacché nella notte medesime avendo girato armati per paese d’ordine del capoposta Domenicantonio di Cristofaro ed atteso il fatto accadutoci, temevamo di qualche male? Ed allora D. Damaso volgendosi a noi ci disse = avete sparato voi?, ed in rispondere negativamente, replicò = e giacché non avete sparato, e siete uscito di guardia d’ordine del Sindaco, non dovete temere di niente. Quindi continuò dicendo, che egli in quel mattino avea preinteso, che di diceva pel paese che gli ordini erano stati dati da lui agli individui di uscire armati nella notte dell’avvenimento, e si espresse verso di noi = Potete voi asserire di aver ricevuto da me tali ordini? = e noi allora risposimo, che tali ordini erano stati emessi dal Sindaco, e non già da lui. Né altro so sul cennato avvenimento.

Avvertito esso Frenza che egli avanti al giudice di Larino sotto il di trenta Agosto ultimo allorché fu interrogato, dichiarò diversamente da quanto oggi ha dichiarato, come si ravvisa dalla sua dichiarazione consegnata al foglio ventisei a trentatre del volume secondo, di cui segli è data lettura, ha risposto, che la verità è quella doposta presentemente, e che in detta dichiarazione si sono scritte cose da esso non mai dichiarate.

Ad ulteriori avvertimenti, è rimasto fermo ne’ medesimi detti.

Affinché costi, ne ho redatto il presente, il quale essendo stato sottoscritto dal dichiarante, è stato rimandato nella prigione.

                                               Campobasso 16 Febbraio 1822

Nicola Frenza                          Cesare Iafanti Cancelliere Sostituto

Mastico                                   Freda   Bracale

Ferrante                                  Minervini








Dai Processi Politici - Busta 48 Fascicolo 2b - Archivio di Stato di Campobasso.
Digitazione testo: Marialucia Carlone
Programmazione html e fotografie: Walter


Torna all'atto di accusa generale
| H o m e |


Torna a Piazza Marconi