L’anno
milleottocentoventuno, 1821, il giorno quattordici, 14, dicembre in Campobasso:
-La
gran Corte Criminale di Molise composta dal Signor Presidente D. Pietrantonio
Mastico e da’ Giudici convocati dal medesimo D. Giovanni Ferrante, D. Gaetano
Maria Bracale, D. Gennaro Minervini, e D. Giovannantonio Freda, coll’intervento
del Regio Procuratore? Generale? vig. Cavaliere D. Celestino Scarciglia,
assistito dal Cancelliere Sostituto D. Cesare Iafanti.
Veduti
gli atti a carico dei detenuti D. Damaso di Iulio, Onofrio Sauro, D.
Giovannicola Mancini, Giuseppe Gennaro figlio di Cristofaro, Giusepe Ciarla,
Beniamino Boccaccio, Natale Campolieto, Dionisio Coccitto, Marco de Iulio,
Giacomo de Iulio, e Giovanni Boccaccio tutti del comune di Ripabottoni.
Letto
dal Cancelliere Sostituto l’atto di accusa presentata dal Pubblico Ministero
sotto il di 6 dell’andate mese di dicembre concepito ne’ seguenti termini.
Il
Regio Procuratore Generale presso la Gran Corte Criminale di Molise con
carattere di pubblico accusatore espone alla stessa quanto siegue
D. Damaso de Iulio di Ripabottoni nel 1819
esercitava in quel Comune la carica di Cancelliere Comunale. In maggio dell’istesso
anno D. tito Barbieri dello stesso Comune venne nominato Agente di polizia
giudiziaria. In tale qualità fece chiamare più volte il suddetto de Iulio
perché come Cancelliere lo avesse assistito nella discussione de’ giudizi di
contravvenzione di polizia. Ma de Iulio per altrettante volte si rifiuta,
prorompe in mille ingiurie contro Barbieri.
Proclamatosi il sedicente governo Costituzionale, de
Iulio vien destituito dalla sua carica. E minacciato ancora di vita da Giuseppe
Ramaglia stretto confidente di Barbieri, perché quegli non poteva riaver da lui
un processo civile che gli riguardava.
Dopo l’epoca de’ 20 di maggio prossimo passato D.
Damaso è reintegrato nella sua carica. Denunzia presso la Polizia generale il
suddetto Barbieri addossandogli de’ reati politici. Nella stessa denunzia
involge ben anche il detto Ramaglia. Eleva quindi delle voci che si l’uno che l’altro
dovevano essere arrestati per ordine della Polizia. Barbieri e Ramaglia entrano
in agitazione e si rendono profughi dalla patria.
Verso la metà di luglio scorso, D.
Damaso, e D. Cipriano padre e figlio de Iulio fecero andare in di loro casa
Giuseppe di Gennaro di Cristofaro, Dionisio Coccitto, Natale Campolieto, e
Remigio Gildone, e propongono a costoro la strage de’ mentovati Barbieri e
Ramaglia, come nemici del Re appartati dalla patria. I suddetti individui
accettano l’incarico. Nel giorno ventuno o ventidue detto mese giunge a di loro notizia che
Barbieri e Ramaglia erano sortiti dall’abitato per la via di Basso. E siccome
Barbieri per restituirsi alla sua abitazione avrebbe dovuto passare innanzi la
casa de Iulio, così tutti ben armati vanno a postarsi alla rua a fianco
della suddetta casa. Alle ore due della notte passano infatti Ramaglia tirando
una giumenta per la cavezza, e Barbieri che con una bacchetta in mano andava
poco indietro. Li suddetti aguatati non
li conoscono; poco dopo però sospettano del loro passaggio, escono dall’aguato,
e domandano a Vitantonio Ciarla ed altri ch’erano innanzi la casa di Iulio, chi
erano quelle due persone ch’erano passate. Ciarla e glia altri accortisi del
loro mal talento rispondono di non averli conosciuti. Contemporaneamente si
sente picchiare il portone della casa Barbieri, gli agguatati corrono verso
quella direzione, ma trovano che Barbieri e Ramaglia erano di già entrati, ed
avevano serrato il portone. Allora i medesimi ritornano dalle persone sudette
che si trattenevano ancora innanzi la casa de Iulio, e li rimproverano che pel
loro trattenimento colà non avevano potuto fare un servizio. Barbieri e
Ramaglia istruiti del pericolo in cui erano, si rifugiano in Montorio, e
dichiarano innanzi a quel Sindaco che per oggetto di salute volevano
trattenersi colà per circa un mese.
Alli 22 agosto ultimo Barbieri e Ramaglia spinti dal
desiderio di rivedere i loro congiunti da Montorio segretamente si restituiscono
in Ripabottoni. Si viene in cognizione del loro ritorno, si sentono rinnovare
le voci del prossimo arresto di Barbieri e Ramaglia, voci che partono dalla
bocca di parecchi individui del partito di de Iulio.
Nella sera de’ 25 detto mese si vede smontar la
guardia Civica ordinaria. Per ordine del Sindaco Onofrio Sauro compariscono
armati e si riuniscono innanzi la casa de Iulio circa diciassette individui,
cioè Domenicantonio Cristofaro, D: Giovanni Nicola, e D. Muzio Mancini,
Beniamino Boccaccio, i detti Giuseppe di Gennaro di Cristofaro, Dionisio
Coccitto, Natale Campolieto, Remigio Gildone, Diodato Sauro, Nicola Maria
Frenza, Giuseppe ciarla, Cosmo Coccitto, Marco de Iulio, Giacomo de Iulio, e
Giovanni Boccaccio. I primi quattro si vedono entrare nella casa di de Iulio co’
quali conferiscono. Indi hanno fra loro de’ segreti abboccamenti, ed ordinano
la distribuzione delle poste per divesi luoghi di quell’abitato. Alle ore tre e
mezza della notte, detti Barbieri
e Ramaglia dopo di aver cenato sortono di casa in unione di D. Papiniano
Ciarla, e D. Paolo Ferulano, e si pongono in camino per restituirsi in
Montorio. Ramaglia e Ciarla precedono di pochi passi gli altri. Giunti innanzi
la Spezieria di D. Domenicantonio Iaricci, una persona sconosciuta ed inerme
passa vicino ad essi nell’attitudine di conoscerli; indi la stessa persona va a
passare vicino a Barbieri e Ferulano, e si mette a tossire. Allora
Domenicantonio di Cristofaro che con Giuseppe di Gennaro di Cristofaro stava
impostato all’angolo della casa di Notar Mastrosanti dà la voce di chi viva.
Ciarla risponde Amici; de Cristofaro replica il chi viva, allora
Ramaglia risponde ben anche Amici, ed avvertendo la inpostatura cerca di
rinculare. Allora i de Cristofaro scaricano i di loro schioppi contro Ramaglia
che capitombola sotto de’ colpi ricevuti. Si rialza e si da ad una precipitosa
fuga; ma i de Cristofaro uscendo dalla posta lo raggiungono vicino all’atrio
della chiesa. Lo stramazzano al suolo, e il Domenicantonio gli tira nell’inguine
un altro colpo di baionetta. Ciò nonostante riesce a Ramaglia di strascinarsi
fino alla casa Barbieri, ed ivi dopo poche ore ve ne muore. Intanto gl’individui
postati sotto il supportico della Terra e dell’olmo fra quali D. Muzio
Mancini, Beniamino Boccaccio, D.giovannicola Mancini, e Remigio Gildone
prendono gli aggressori de Cristofaro per le destinate vittime, e vibrano
contro di essi delle varie fucilate, dalle quali il domenicantonio ne resta
ucciso, ed il Giuseppe ferito nelle gambe. A tali sanguinose insidie Barbieri
fugge verso il Largo dell’olmo ma ivi cade negli aguati de’ sudetti
Remigio Gildone e D. Giovannicola, Mancini, i quali gli vibrano assai da vicino due fucilate che lo
menano a morte dopo pochi istanti.
Tali fatti son sostenuti dalle pruove generiche
legalmente stabilite; la colpabilità poi di tutti i prevenuti risulta tanto
dalle confessioni di parecchi di essi, dalle dichiarazioni di diversi testimoni,
e da altri argomenti.
In conseguenza
il Procuratore Generale accusa D. Damaso de Iulio -di complicità negli omicidi
premeditati in persona di D. Tito Barbieri, Giuseppe Ramaglia , e
Domenicantonio di Cristofaro per aver dato mandato a commetterli a termini
degli articoli 74 n°. 6°. e 352 n°. 4°. delle leggi penali.
Onofrio
Sauro - di complicità in detti omicidi per aver usato delle macchinazioni ed artifizi
colpevoli a termini de’ sudetti articoli citati.
D.
Giovanni Nicola Mancini, Giuseppe di Gennaro di Cristofaro, Giuseppe Ciarla, Beniamino
Boccaccio, Natale Campolieto, Dionigio Coccitto, Marco de Iulio, Giacomo de
Iulio, e Giovanni Boccaccio. – Di aver eseguito detto mandato a termini dell’articolo
352 n° 4°.
Per
lo che richiede che si proceda a norma del rito innanzi alla Gran Corte
Speciale.
Campobasso
6 dicembre 1821
C.
Scariglia.
Esaminato
il processo, non che l’anzidetta accusa; ed inteso esso Regio Proc. Gen. Della medesima,
il quale accertata sostenuta, si è indi appartato.
Sul
rapporto del Signor Presidente Commessario atteso che dal processo risulta
sufficientemente fondata la reità contro detti accusati.
Dichiara D. Damaso di Iulio, D. Giovanni Nicola Mancini, Onofrio Sauro, Giuseppe di Gennaro di Cristofaro, Giuseppe Ciarla, Beniamino Boccaccio, Natale Campolieto, Dionisio Coccitto, Marco de Iulio, Giacomo de Iulio, e Giovanni Boccaccio di Ripabottoni in legittimo stato di accusa. Considerando poi che il reato di cui sono accusati tutti gli enunciati individui perché commesso con violenza pubblica cioè in riunione di persone in numero maggiore di tre, a portarsi di armi proprie, ricade sotto le disposizioni dell’articolo 426 n° 2° delle Leggi di procedura penale.
La gran Corte Criminale
Alla unanimità
Dichiara la presente causa di competenza della gran Corte Speciale; ed ordina procedersi innanzi di essa per gli enunciati misfatti.
Mastico