R i p A m i c i







L'uccisione di Tito Barbieri

22 Agosto 1821




L’anno milleottocentoventuno, 1821, il giorno quattordici, 14, dicembre in Campobasso:

-La gran Corte Criminale di Molise composta dal Signor Presidente D. Pietrantonio Mastico e da’ Giudici convocati dal medesimo D. Giovanni Ferrante, D. Gaetano Maria Bracale, D. Gennaro Minervini, e D. Giovannantonio Freda, coll’intervento del Regio Procuratore? Generale? vig. Cavaliere D. Celestino Scarciglia, assistito dal Cancelliere Sostituto D. Cesare Iafanti.

Veduti gli atti a carico dei detenuti D. Damaso di Iulio, Onofrio Sauro, D. Giovannicola Mancini, Giuseppe Gennaro figlio di Cristofaro, Giusepe Ciarla, Beniamino Boccaccio, Natale Campolieto, Dionisio Coccitto, Marco de Iulio, Giacomo de Iulio, e Giovanni Boccaccio tutti del comune di Ripabottoni.

Letto dal Cancelliere Sostituto l’atto di accusa presentata dal Pubblico Ministero sotto il di 6 dell’andate mese di dicembre concepito ne’ seguenti termini.

Il Regio Procuratore Generale presso la Gran Corte Criminale di Molise con carattere di pubblico accusatore espone alla stessa quanto siegue

D. Damaso de Iulio di Ripabottoni nel 1819 esercitava in quel Comune la carica di Cancelliere Comunale. In maggio dell’istesso anno D. tito Barbieri dello stesso Comune venne nominato Agente di polizia giudiziaria. In tale qualità fece chiamare più volte il suddetto de Iulio perché come Cancelliere lo avesse assistito nella discussione de’ giudizi di contravvenzione di polizia. Ma de Iulio per altrettante volte si rifiuta, prorompe in mille ingiurie contro Barbieri.

Proclamatosi il sedicente governo Costituzionale, de Iulio vien destituito dalla sua carica. E minacciato ancora di vita da Giuseppe Ramaglia stretto confidente di Barbieri, perché quegli non poteva riaver da lui un processo civile che gli riguardava.

Dopo l’epoca de’ 20 di maggio prossimo passato D. Damaso è reintegrato nella sua carica. Denunzia presso la Polizia generale il suddetto Barbieri addossandogli de’ reati politici. Nella stessa denunzia involge ben anche il detto Ramaglia. Eleva quindi delle voci che si l’uno che l’altro dovevano essere arrestati per ordine della Polizia. Barbieri e Ramaglia entrano in agitazione e si rendono profughi dalla patria.

            Verso la metà di luglio scorso, D. Damaso, e D. Cipriano padre e figlio de Iulio fecero andare in di loro casa Giuseppe di Gennaro di Cristofaro, Dionisio Coccitto, Natale Campolieto, e Remigio Gildone, e propongono a costoro la strage de’ mentovati Barbieri e Ramaglia, come nemici del Re appartati dalla patria. I suddetti individui accettano l’incarico. Nel giorno ventuno o ventidue  detto mese giunge a di loro notizia che Barbieri e Ramaglia erano sortiti dall’abitato per la via di Basso. E siccome Barbieri per restituirsi alla sua abitazione avrebbe dovuto passare innanzi la casa de Iulio, così tutti ben armati vanno a postarsi alla rua a fianco della suddetta casa. Alle ore due della notte passano infatti Ramaglia tirando una giumenta per la cavezza, e Barbieri che con una bacchetta in mano andava poco indietro. Li suddetti  aguatati non li conoscono; poco dopo però sospettano del loro passaggio, escono dall’aguato, e domandano a Vitantonio Ciarla ed altri ch’erano innanzi la casa di Iulio, chi erano quelle due persone ch’erano passate. Ciarla e glia altri accortisi del loro mal talento rispondono di non averli conosciuti. Contemporaneamente si sente picchiare il portone della casa Barbieri, gli agguatati corrono verso quella direzione, ma trovano che Barbieri e Ramaglia erano di già entrati, ed avevano serrato il portone. Allora i medesimi ritornano dalle persone sudette che si trattenevano ancora innanzi la casa de Iulio, e li rimproverano che pel loro trattenimento colà non avevano potuto fare un servizio. Barbieri e Ramaglia istruiti del pericolo in cui erano, si rifugiano in Montorio, e dichiarano innanzi a quel Sindaco che per oggetto di salute volevano trattenersi colà per circa un mese.

Alli 22 agosto ultimo Barbieri e Ramaglia spinti dal desiderio di rivedere i loro congiunti da Montorio segretamente si restituiscono in Ripabottoni. Si viene in cognizione del loro ritorno, si sentono rinnovare le voci del prossimo arresto di Barbieri e Ramaglia, voci che partono dalla bocca di parecchi individui del partito di de Iulio.

Nella sera de’ 25 detto mese si vede smontar la guardia Civica ordinaria. Per ordine del Sindaco Onofrio Sauro compariscono armati e si riuniscono innanzi la casa de Iulio circa diciassette individui, cioè Domenicantonio Cristofaro, D: Giovanni Nicola, e D. Muzio Mancini, Beniamino Boccaccio, i detti Giuseppe di Gennaro di Cristofaro, Dionisio Coccitto, Natale Campolieto, Remigio Gildone, Diodato Sauro, Nicola Maria Frenza, Giuseppe ciarla, Cosmo Coccitto, Marco de Iulio, Giacomo de Iulio, e Giovanni Boccaccio. I primi quattro si vedono entrare nella casa di de Iulio co’ quali conferiscono. Indi hanno fra loro de’ segreti abboccamenti, ed ordinano la distribuzione delle poste per divesi luoghi di quell’abitato. Alle ore tre e mezza della notte, detti           Barbieri e Ramaglia dopo di aver cenato sortono di casa in unione di D. Papiniano Ciarla, e D. Paolo Ferulano, e si pongono in camino per restituirsi in Montorio. Ramaglia e Ciarla precedono di pochi passi gli altri. Giunti innanzi la Spezieria di D. Domenicantonio Iaricci, una persona sconosciuta ed inerme passa vicino ad essi nell’attitudine di conoscerli; indi la stessa persona va a passare vicino a Barbieri e Ferulano, e si mette a tossire. Allora Domenicantonio di Cristofaro che con Giuseppe di Gennaro di Cristofaro stava impostato all’angolo della casa di Notar Mastrosanti dà la voce di chi viva. Ciarla risponde Amici; de Cristofaro replica il chi viva, allora Ramaglia risponde ben anche Amici, ed avvertendo la inpostatura cerca di rinculare. Allora i de Cristofaro scaricano i di loro schioppi contro Ramaglia che capitombola sotto de’ colpi ricevuti. Si rialza e si da ad una precipitosa fuga; ma i de Cristofaro uscendo dalla posta lo raggiungono vicino all’atrio della chiesa. Lo stramazzano al suolo, e il Domenicantonio gli tira nell’inguine un altro colpo di baionetta. Ciò nonostante riesce a Ramaglia di strascinarsi fino alla casa Barbieri, ed ivi dopo poche ore ve ne muore. Intanto gl’individui postati sotto il supportico della Terra e dell’olmo fra quali D. Muzio Mancini, Beniamino Boccaccio, D.giovannicola Mancini, e Remigio Gildone prendono gli aggressori de Cristofaro per le destinate vittime, e vibrano contro di essi delle varie fucilate, dalle quali il domenicantonio ne resta ucciso, ed il Giuseppe ferito nelle gambe. A tali sanguinose insidie Barbieri fugge verso il Largo dell’olmo ma ivi cade negli aguati de’ sudetti Remigio Gildone e D. Giovannicola, Mancini, i quali gli vibrano   assai da vicino due fucilate che lo menano a morte dopo pochi istanti.

Tali fatti son sostenuti dalle pruove generiche legalmente stabilite; la colpabilità poi di tutti i prevenuti risulta tanto dalle confessioni di parecchi di essi, dalle dichiarazioni di diversi testimoni, e da altri argomenti.

In conseguenza il Procuratore Generale accusa D. Damaso de Iulio -di complicità negli omicidi premeditati in persona di D. Tito Barbieri, Giuseppe Ramaglia , e Domenicantonio di Cristofaro per aver dato mandato a commetterli a termini degli articoli 74 n°. 6°. e 352 n°. 4°. delle leggi penali.

Onofrio Sauro - di complicità in detti omicidi per aver usato delle macchinazioni ed artifizi colpevoli a termini de’ sudetti articoli citati.

D. Giovanni Nicola Mancini, Giuseppe di Gennaro di Cristofaro, Giuseppe Ciarla, Beniamino Boccaccio, Natale Campolieto, Dionigio Coccitto, Marco de Iulio, Giacomo de Iulio, e Giovanni Boccaccio. – Di aver eseguito detto mandato a termini dell’articolo 352 n° 4°.

Per lo che richiede che si proceda a norma del rito innanzi alla Gran Corte Speciale.

Campobasso 6 dicembre 1821

C. Scariglia.

Esaminato il processo, non che l’anzidetta accusa; ed inteso esso Regio Proc. Gen. Della medesima, il quale accertata sostenuta, si è indi appartato.

Sul rapporto del Signor Presidente Commessario atteso che dal processo risulta sufficientemente fondata la reità contro detti accusati.

All’unanimità

Dichiara D. Damaso di Iulio, D. Giovanni Nicola Mancini, Onofrio Sauro, Giuseppe di Gennaro di Cristofaro, Giuseppe Ciarla, Beniamino Boccaccio, Natale Campolieto, Dionisio Coccitto, Marco de Iulio, Giacomo de Iulio, e Giovanni Boccaccio di Ripabottoni in legittimo stato di accusa. Considerando poi che il reato di cui sono accusati tutti gli enunciati individui perché commesso con violenza pubblica cioè in riunione di persone in numero maggiore di tre, a portarsi di armi proprie, ricade sotto le disposizioni dell’articolo 426 n° 2° delle Leggi di procedura penale.

La gran Corte Criminale

Alla unanimità

Dichiara la presente causa di competenza della gran Corte Speciale; ed ordina procedersi innanzi di essa per gli enunciati misfatti.

                                                                                                          Mastico








Dai Processi Politici - Busta 48 Fascicolo 2b - Archivio di Stato di Campobasso.
Digitazione testo: Marialucia Carlone
Programmazione html e fotografie: Walter


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