L'Aria, i Colori, la Frescura, la Quiete
della collina molisana
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Padre

ALESSANDRO CRISTOFARO

(Ripabottoni 28 Luglio 1921 - Campobasso 15 Novembre 2002)

Pietro Ramaglia insigne clinico

tratto da'
ARCHIVIO STORICO MOLISANO Anno IV/V - Dicembre 80/81.
Edito a cura dell'Associazione di Storia Patria del Molise

(Pagine da 186 a 191)


questa particolarità, che è tanto più frequente, quanto si è più prossimo alla nascita, e tanto meno per quanto più si corre verso gli ultimi anni dell'indicato periodo» (pp. l-2).
Un secondo elemento di predisposizione, che con esso gareggia e prevale, è costituito dalla «tempra dell'organamento, quando ha il sembiante linfatico-nervoso», ma di quel vero germe linfatico che «non turba e non deturpa la trama organica con ispeciali e locali morbi, ma che invece si ritiene nei confini di un semplice sangue linfatico, origine di quei biondi inanellati capelli, di quel viso che pare un fiore, di quelli occhi cerulei, di quel gentil tondeggiar delle membra, e fonte di delizia dei genitori» (p. 2; pe.r la descrizione di altri elementi, cf. pp. 3-8; e per la cura preventiva, cf. 8).
I caratteri della predisposizione remota, che sono i soli ed unici che talvolta richiamano l'attenzione dei medici, si ricavano «dalle condizioni organiche del capo, ed anche dello scheletro, che si aggiungono ai fatti della predisposizione remotissima» (cf . p. 9s, per le forme non regolari del capo e dello scheletro).
Una moltitudine di fenomeni tutti della stessa natura, cioè nervosi, costituiscono i caratteri della predisposizione prossima; e ve ne sono nella sfera psichica, nella motrice, nella sensibile, nella vaso- motrice e nella trofica. «Generalmente, però, i medici poco o nessun valore accordano sotto di questo aspetto, ed ora in uno, ed ora in altra guisa interpretandoli, non ne prendono mai o di rado il vero significato. Noi impertanto li stimiamo di gravissinto momento, poiché rivelandosi la predisposizione prossima, si faranno solleciti ed attivi a praticare efficacemente e senza alcun indugio la cura preventiva» (p. 1O; per un parziale elenco e descrizione di tali fenomeni. cf. p. 11s).
Pur non intendendo passare a rassegna tutti i fenomeni di predisposizione prossima, perché troppi, il Ramaglia se ne farebbe una colpa se non si fermasse su alcuni che «mentre sono importantissimi, non sono menomamente riflettuti e niente apprezzati nel grave e pericolosissimo loro valore» ed a tale scopo riferisce alcune sue particolari osservazioni (cf. p. l2ss).
Riconosciuta la predisposizione, sia essa remotissima o remota o prossima, si applicherà il medicamento preventivo che, «quasi con certezza assoluta» avrà il suo effetto positivo, «poiché le nostre innumerevoli osservazioni, sol di radissimo ci hanno lasciato vedere di


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esser fallito. Ma se il sì di un metodo preventivo ci ha spinti a tanto aspra e difficile lotta, la proposta degli ausilii all'uopo necessarii ecciterà veramente uno scandalo che ci chiamerà sopra tutta l'ira degli avversari; poiché questa cura cotanto mirabile deve farsi con due medicamenti, che il progresso esagerato maledice, ed inesorabilmente vuole siano banditi dalla medicina. E sono: l'unguento mercuriale grigio ed i vescicatorii. Il primo va adoperato in qualunque predisposizione, ed i secondi nella sola predisposizione prossima, allorché i fatti nervosi cominciano a farsi molesti e gravi.
Tutti gli altri soccorsi che dovranno praticarsi per combattere il germe linfatico, le manifestazioni scrofolose ed i disordini del tubo gastro-enterico, dei quali per altro preciso bisogno, non meritano alcuna fede in quanto a difendere il capo dall'idrocefalo acuto, che il mercurio ed i vescicatori vi esercitano un'azione che non fallisce quasi mai.
Ecco perché prima di farne l'applicazione al nostro caso, stimiano necessario di dirne qualcosa in generale su l'uno e sugli altri, per cercare di diminuire l'odio e l'ingiusta persecuzione che si sconsigliatamente loro si fa» (cf . pp. 2l-54).

Nelle pagine che seguono, il Ramaglia rivolge l'attenzione alla malattia già sviluppata: sintomi e suo procedimento, cagioni e diagnosi, massimamente differenziale, terapia e tutto ciò che si può studiare circa tale argomento, e che sono gli altri quesiti dell'Accademia Francese (cf. p.54).
Premesso il concetto della meningite basilare granulosa (pp. 54-56), il Ramaglia espone la sintomatologia (pp. 56-62), il decorso (pp. 62-64), l'etiologia (pp 65-71), la diagnosi differenziale (pp. 7l- 79),la cura (pp. 79-84),la cui efficacia è avvalorata dalla narrazione di «una porzione di guarigioni con essa ottenute»(pp. 84ss).
Detto quanto poteva e sapeva intorno a questa malattia, il Ramaglia, avviandosi alla conclusione, precisa che invano nel suo lavoro si cercherebbe sistema, teoria, ipotesi, supposizioni, prevenzioni, preoccupazioni, perché «da capo a fine altro non è che un tessuto di fatti; fatti come fondamento dei nostri pensieri; fatti come unica via alle conclusioni » (p. 95).
E' facile agli uomini «sdrucciolare» negli errori; è potuto accadere anche a lui - Il Ramaglia -- di essersi «illuso» e che mentre in buona fede crede di possedere il vero, potrebbe trovarsi «immerso nella nebbia del falso e dell'errore»; accetta ben volentieri di essere illuminato, però «sperianto che quelli che si metteranno a tal'opra,




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useranno le stesse armi che abbiamo adoperate noi, opponendo ragione a ragione, esperienza ad esperienza, osservazione ad osservazione, insomma fatti a fatti, e non sistemi, teorie, ipotesi, sofismi, e peggio sarcasmi, ironie, che sogliono essere le armi disperate di chi conosce il torto in cui è, ed intanto non vuole mostrare di arrendersi.
E quando di questa o di quella cosa ci si domanderà il perché, la nostra risposta sarà, perché è così: est, est, est quod est, est quia est»
(p. 96).
Da galantuolno qual è, il Ramaglia sa che tra i suoi avversari c'è un uomo eminente «per elevatezza di mente, per vastità di conoscenze, per la sempliçe ed elegante maniera di scrivere e per l'impareggiabile gentilezza dei suoi modi, Angelo Camillo de Meis, cui da tanti anni ci lega un'inalterabile ed affettuosissima amicizia» - e gli «fa gran pena», perché avversario non diretto contro il suo lavoro, ma perché «non è scritto secondo i suoi alti principii» (cf. p. 96).
ll De Meis vuole e proclama la scienza, vuole che se ne riconosca un principio, che si accompagni la evoluzione dall'inizio alla fine, «senza prevenzioni e preoccupazioni», evitando lacune e salti, per vederne con chiarezza tutte le derivazioni; vuole che «a costo del positivo del senso, vi sia il positivo della ragione per chiarirlo, intenderlo, nobilitarlo: si vuole insomma il viaggio intellettuale, la circolazione del pensiero, scoperta da Hegel, condannando assolutatnente il positivismo del senso, la filosofia positiva dei tempi moderni cotanto generalmente seguita» (P. 97).
Il Ramaglia è colpito da questa condanna del De Meis, perché il suo lavoro è condotto secondo lo spirito del positivismo del senso, e quindi è un suo avversario. Avversario da lui ammirato e con lui «in pieno occordo»; ma al quale, indirettamente, rivolge alcune domande: «Volendo scrivere oggi qualche cosa in medicina, che è un caso della scienza in generale, dove prenderemo l'iniziativa? Chi dei medici ha osato finora scrivere un'opera medica con questo spirito? Per la qual cosa o non dovrebbe scriversi, o volendo fare non vi è altro scampo che il pretto e gretto empirismo; bassa ed umile condizione, ma necessitata. Molti anni fa in mezzo al grande entusiasmo del progresso moderno si gridava alla medicina scientifica, e tali furono le speranze concepite, che pareva non essere lontano il tempo che l'arte divina di guarire si appellerebbe la scienza divina di guarire. Sono passati moltissimi anni e queste speranze non si sono realizzate




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anzi ne è venuta una specie di diffidenza, vedendo che le moltissime fatiche non avevano dato alcun risultanmento. E Cl. Bernard uno dei caporioni della creazione di questa medicina scientifica in una sua prolusione letta tre anni or sono alla riapertura dell'Istituto, ingenuo e franco dice, che nulla finora si è conchiuso, e che forse la gloria di questa creazione è riserbata ai nostri posteri, e che perciò altra via non vi è oggi da battere in medicina che il puro empirismo.
Ma quando sarà che questa medicina sarà stata creata, certo onorerà grandentente lo spirito umano, e meglio condurre il medico nella cura dei suoi infermi, i quali non a tentone, ma con luce vivissima dirigeranno la loro ozione»
(pp. 97-98).
Avversari soltanto nel campo della ricerca e nell'applicazione dei metodi; ma anche per tali divergenze il Ramaglia chiede venia al suo «carissimo Angelo Camillo» non dubitando di non averla, «sì per i nobili pregi della sua singolare gentilezza, e sì ancora per quel grande affetto che ci porta di cui ogni dì accresce la prova» (p.98). Così termina la memoria sulla meningite. Sono anche le ultime parole scritte dal Ramaglia, che rivelano la rettitudine dell'uomo e la sincerità di ricerca dello scienziato (46).



***



«Uomo retto», «scienziato illustre», «cittadino integerrimo»: questo è Pietro Ramaglia.
A 15 anni incontra un medico distinto e scopre la sua vocazione;
intelligente ed avido di sapere, per forza di volontà e con il concorso dei suoi paesani, a Napoli non perde tempo: si rinserra in quei «luridi


(46) Per le scuole mediche del secolo scorso e le personalità celebri in materia, cf. Busacchi Vincenzo, Storia della medicina, Bologna 1951. per Brown John (1735- 1788), scolaro e amico di Cullen, divenuto in seguito suo rivale e acerrimo nemico, cf. Busacchi V., o.c., pp. 250ss; per capozzi Domenico, nato e morto a Morcone (1829-1907), cf. Zazo Alfredo, Dizionario bio-bibliografico del Sannio, Napoli [1973], pp. 68-70; per Biondi Giuseppe, nato a Cerreto Sannita nel 1821 e morto a Napoli nel 1901, cf. Zazo A., o.c., p. 47 per Limoncelli Giovannangelo di San Giuliano di Puglia, cf. Tirabasso A., Breve dizionario biografico del Molise,Oratino 1932, p. 137s.


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sepolcri» dei teatri anatomici e giunge a conoscenze «minutissime» di tutti i singoli tessuti del corpo umano; osservatore «scrupolisissimo», la sua gloria maggiore è una clinica severa e positiva: evocò l'ombra del Morgagni (47) e i fatti, illuminati dalla ragione, lo fecero un «caposcuola» e «precursore» di discipline mediche; studiò indefessamente l'anatomia topografica per servirsene in clinica, e fu fondatore dell'anatomia patologica; voleva far sapere allo straniero che anche in Italia si lavorava e si sapeva lavorare, non restando mai ai margini del progresso scientifico ma sempre attento ad un aggiornamento continuo.
Nominato medico di corte, per sola sapienza e non per intrighi, fatto segno per bassa calunnia a motteggi, non reagì; amico della studiosa gioventù, lui ancor giovane, si vide da essa, per spontanea sottoscrizione, eretto un busto, «come monumento della virtù del maestro e della gratitudine dei discepoli».
Anche quando divenne professore famoso, clinico insigne e medico della casa reale, restò sempre qual era: amante della gioventù studiosa, cordiale con i colleghi, amabile sempre con i malati, «pieno di carità per la miseria».
Il Biondi, che si gloria di essere stato discepolo del Ramaglia addita alla giovane generazicne medica questa «figura storica» che sostiene una bandiera, dal motto: «ratio et observatio sunt medicinae cardines» --- Per me «verum et factum sunt idem».
Ai Molisani cosa additare che ricordi Pietro Ramaglia? Per molti, pensiamo - e vorremmo sbagliarci - era e resterà un illustre ignoto. Non gli fu eretto un monumento a Ripabottoni - come proponeva un privato cittadino - perché la Provincia non si pose, forse, neppure il problema; il paese natale del Ramaglia non era in condizioni economiche, crediamo, di poter sostenere da solo le spese.
Da un paesano del Ramaglia fu deposto sulla sua tomba un umile fiore poetico:


(47) All'inizio del secolo scorso ha grande importanza ed esercita grande influenza sulle altre nazioni la scuola francese, che si attiene al sistema anatomo-chimico del Morgagni (nato a Forlì nel 1682 e morto a Padova nel 1771). I seguaci di essa in modo metodico pongono in rapporto la sintomatologia clinica con le alterazioni viscerali dopo aver sistematicamente studiato il malato con l'ispezione, la palpazione, la percussione, l'ascoltazione. cf. Busacchi Vincenzo, o.c., pp. 256-259,240,248.

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Tutta tremante, tutta afflitta, e mesta,
Qual donna oppressa da crudel dolore,
Pregni di pianto gli occhi, e in bruna vesta,
La crudel Morte io vidi: ahi! tristo orrore!!!

Commosso allora mi celai a questa
Fremente vista, e preso poi a vigore;
Onde vieni Le chiesi? e qual funesta
Cagion ti ha mossa a martorarmi il core?!...

Vengo dal Ciel, rispose, il più ridente
Dal Ciel di Vico, spensi, oh rio peccato!
La Face in Medicina più splendente!!!

Or nel vedere il danno, ch'ho arrecato
Al Mondo intero, io ploro eternamente!
Ma il pianto è vano dopo il fallo oprato.

Ripabottoni, 12 giugno 1875.
Prof. Bartolomeo Barbieri (48)



(48) Il sonetto In morte dell'Eminente professore Comm. Dottor Pietro Ramaglia, illustrazione splendissima della Scuola Nopolitana, anzi Fondatore della stessa, è pubblicato su Il Frentano, num. cit., p. 47s.



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Articolo scritto da Padre

ALESSANDRO CRISTOFARO

(Ripabottoni 28 Luglio 1921 - Campobasso 15 Novembre 2002)
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Edito a cura dell'Associazione di Storia Patria del Molise


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